lunedì 19 marzo 2012

Beijing Post Rock

Post-rock. Un genere musicale il cui nome ogni volta che viene citato lo si fa con un certo senso di colpa, quasi che questa definizione in fondo non voglia dire niente.
Ma a un certo tipo di musica un nome si dovrà pur darglielo, tanto più che molti gruppi hanno ormai un suono spesso simile, in questo caso fatto di brani in prevalenza strumentali, in cui tessiture chitarristiche creano dinamiche e atmosfere emotivamente coinvolgenti, soprattutto se si è inclini alla malinconia.
Difficile dire se sia nato prima in Scozia, a Chicago o a Louisville (capitale del Kentucky e del tabacco) ma questi sono luoghi in cui è emerso inizialmente negli anni '90, come forma musicale ibrida e di difficile definizione. Nel tempo si è poi cristallizzato in una forma piuttosto riconoscibile, ed oggi è un genere diffuso un po' ovunque. Non fa eccezione la Cina. 
Che anche la Cina fosse post-rock è già stato detto, in questi ultimi anni questo genere è però cresciuto rapidamente in particolare a Pechino, non solo per quanto riguarda il numero e la qualità di gruppi, ma anche di successo di pubblico.

Lo testimonia proprio Beijing Post-Rock, che si è tenuto al Mao Livehouse lo scorso venerdì 16 Marzo.  Il nome di questo concerto è abbastanza esplicito e il pubblico è stato numeroso, sul palco i principali gruppo del post-rock pechinese: Glow Curve, Sparrow e Grinding Ear.
Sono i Glow Curve (发光曲线  faguang quxian) il gruppo più interessante, soprattutto perché hanno un suono che si sta evolvendo rapidamente, allontanandosi sempre di più dagli stereotipi del post-rock. Originariamente chiamati Maze (迷宫 migong), vivono a Tongzhou, periferia orientale pechinese che da qualche tempo è diventata casa di molti giovani gruppi musicali della capitale,
Glow Curve
grazie anche ad affitti bassi e disponibilità di sale prova. In particolare i Glow Curve nascono dal collettivo/etichetta Nojiji e sono tra i gestori anche di uno dei locali più interessanti dell'underground musicale di Pechino, che è il Raying Temple (小雷音; Josh Feola di Pangbianr.com ne ha già scritto su Wire). Sebbene il loro ultimo (e in verità primo) album segua percorsi piuttosto prevedibili, è dal vivo che i Glow Curve spostano le coordinate del "Beijing Post Rock" un po' più in avanti, anche verso terreni inesplorati. Nonostante alcuni problemi tecnici il concerto di sabato scorso non ha fatto eccezione. 
Gli Sparrow (文雀 wenque) sono poi l'altro gruppo più noto del genere, tanto da avere seguito di fan piuttosto attenti e devoti. 
Chitarre in primo piano, riverberi e delay d'ordinanza, e rigorosamente strumentali. Molti gruppi post-rock possono annoiare i più od emozionare quella fetta di ascoltatori abituati e dal giusto spirito.
In ogni caso, la serata è stata ha celebrato la pubblicazione (per lo più virtuale) di un album che raccoglie il meglio di questi gruppi e lo si può ascoltare qui. E' stato pubblicato dalla 1724 records, una "micro indie label"di Pechino che ha già prodotto dischi interessanti di gruppi post-rock (come Pentatonic e i 48V di Chengdu), e non solo, ma soprattutto è un'ottima occasione per fare la conoscenza del "Beijing Post Rock"!



giovedì 8 marzo 2012

Un panno rosso...

Ancora Caratteri Cinesi ha pubblicato una bella traduzione di Tania Di Muzio del classico di Cui Jian Un Panno Rosso (一块红布).  Indiscusso "padrino del rock cinese", Cui Jian è stato la prima icona rock emersa nella Cina di Deng Xiaoping.
In particolare Un Panno Rosso ha acquistato un significato politico durante le manifestazioni di Piazza Tian'anmen, e proprio per questo è divenuto un classico in qui tutta una generazione si è riconosciuta.
Nella pagina si trova anche un link al video del brano, diretto da Zhang Yuan, il primo regista indipendente cinese, che proprio in quel periodo ha collaborato con Cui Jian nel suo secondo film Beijing Bastards (北京杂种) in cui ha fotografato l'atmosfera di quegli anni (i primi Novanta): l'underground rock, i margini della società, insomma una Pechino diversa e che nel frattempo è già cambiata.


venerdì 2 marzo 2012

Sally Can't Dance sta tornando

Se vi state chiedendo dove sia il limite della sperimentazione musicale in Cina, quanto rumore possa fare un 80后 disilluso, o fino a che punto l'assenza di ogni melodia può essere ancora definita musica, allora alcune risposte le potete trovare questo fine settimana a Pechino, al Sally Can't Dance, rassegna di due giorni avant-rumorista, impro-sperimentale, che in questa quarta edizione raccoglie il meglio (molti direbbero "il peggio") della sperimentazione non accademica di tutta la Cina.
Questo mini-festival si era finora svolto al D-22, mitico locale di Pechino, chiuso poche settimane fa, e quest'anno si svolgerà in un nuovo locale ancora senza nome, ma che sembra essere destinato a diventare nelle prossime settimane proprio la nuova incarnazione del D-22.
Sull'ottimo Pangbianr (che quest'anno è tra gli organizzatori) potete trovare tutte le informazioni e il programma.
Negli anni passati Sally Can't Dance ha visto la partecipazione anche di ospiti internazionali importanti come il chitarrista Fred Frith, quest'anno invece i musicisti sono tutti cinesi, e alcuni di loro si vedono raramente a Pechino. Così oltre a soddisfare tutte le vostre curiosità sui suoni più estremi prodotti in Cina, potrete visitare quello che molto probabilmente sarà il nuovo D-22 e, magari, finalmente capire anche perché un festival musicale pechinese ha prende il nome da una canzone di Lou Reed.